Thomas Mann, “La Montagna incantata”: com’è difficile salvarsi da una civiltà malata

Fonte: ilsussidiario.net

Premessa 

Alla lettura dell’articolo pubblicato da Ilsussidiario.net il 18.07.20 ho pensato fosse di qualche utilità la breve premessa a seguire. Nel 1939 Mann tenne una lezione sulla Montagna incantata agli studenti della Princeton University. L’autore era stato inserito nel piano di studi dell’anno accademico a fianco degli autori imprescindibili della letteratura mondiale. Gli studenti ebbero così l’onore di ascoltare la viva voce di un autore unanimemente riconosciuto tra i maggiori narratori di ogni tempo. Ovviamente l’onore fu reciproco, tanto più che da cinque anni Mann viveva da esiliato. La sua voce non giungeva più in Germania dove le sue opere pubblicate prima dell’esilio erano vietate e le nuove pubblicazioni interdette dalla censura nazista. Alcuni anni prima, nel 1935, poco dopo il suo arrivo negli Stati Uniti nel 1934, il clamore della sua dissidenza – senza se e senza ma – nei confronti del nazismo: – “Non era lecito, non era possibile fare della ‘cultura’ in Germania, mentre tutt’intorno accadeva quello che ben sappiamo. Voleva dire attenuare la depravazione, adornare il delitto”- unitamente al successo editoriale della Montagna incantata, lo avevano reso l’uomo tedesco più apprezzato d’America. La sua buona fama gli valse l’invito ufficiale alla Casa Bianca da parte del presidente Roosevelt , col quale Mann strinse una duratura amicizia sostanziata dall’ammirazione reciproca. Uno dei frutti della relazione tra i due “leaders” fu il sostegno reciproco offerto alla causa dell’antinazismo, che permise agli USA di annoverare tra le proprie fila un’indiscussa autorità della cultura tedesca e allo scrittore di contrapporsi al regime come singolo uomo tedesco, ma allo stesso tempo come istituzione, inviando attraverso la BBC cinquantacinque messaggi radio alla popolazione tedesca.

(segue)

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