di Maurizio Crippa – IL FOGLIO QUOTIDIANO SABATO 7 E DOMENICA 8 GIUGNO 2025
“Cari amici, un giorno dovremo dimostrare l’esistenza di Freud”. (Jacques Lacan)
Metti una sera di primavera, nello studio di Sigmund “Schlomo” Freud a Londra. La casa dove ha abitato, in fuga dal nazismo nel 1938, negli ultimi quindici mesi della sua vita. Al numero 20 di Maresfield Gardens ad Hampstead, il silenzioso quartiere in collina a nord di Londra, tra i viali e le case georgiane in mattoni rossi, i giardini come quello in cui una fotografia in bianco e nero lo ritrae, davanti a un cespuglio di rose, seduto in una sdraio di legno assieme alla moglie Martha. Il suo studio al piano terreno è rimasto intatto, al piano superiore la biblioteca. Metti una sera qui, a casa di Freud e poi della figlia Anna, che oggi è la sede del Freud Museum di Londra, creato nel 1986 e gestito da una fondazione interamente privata. Un piccolo pubblico raccolto nella stanza per la rappresentazione di un testo teatrale che si intitola Father & Freud. Un breve testo che racconta di lui, che lo fa conoscere o meglio ri-conoscere. Stavolta sulla poltrona c’è Freud, sono i suoi ultimi mesi, mentre il suo primo biografo, il dottor Emest Jones, tenta di carpirgli passo dopo passo i segreti di una vita. Uno spettacolo italiano e in lingua italiana (con adeguati sottopancia in inglese) giunto nel suo viaggio fino a Londra. L’autore della pièce, che con barba grigia occhialini e morbido abito di lino si cala nel personaggio, con rispetto ma senza alcuna fasulla sacralità (all’inizio il vecchio Freud fa esercizi mattutini di pilates), si chiama Glauco Maria Genga. E’ un medico psichiatra e psicoanalista che vive e lavora a Milano, dove si è formato alla psicoanalisi con Giacomo B. Contri, tra i maggiori discepoli di Lacan prima e poi riscopritore, nei lunghi anni della maturità, del pensiero di Freud, rilanciato in quello che ha chiamato “pensiero di natura”.
“Zia, parla con ho paura del buio. – Ma a che serve? Così non mi vedi lo stesso. – Non fa nulla, se qualcuno parla c’è la luce”. (Freud, 1905). E’ la voce infantile fuoricampo che dà inizio allo spettacolo. É la regista Adriana Bagnoli a spiegarci il senso di quell’incipit, che Freud trae da un episodio di un suo nipotino di tre anni:
“Se qualcuno parla c’è luce. In teatro, come nell’analisi, come nella vita, c’è bisogno dell’atto della parola, che la parola faccia accadere qualcosa e possa fare compagnia e luce tra le cose oscure. Dentro questa citazione vi è la cifra che ho voluto dare alla messa in scena”. Sulla scena, o meglio nel mezzo della sala al primo piano di Maresfield Gardens, assieme all’autore-psicoanalista che interpreta il fondatore della psicoanalisi (la mise en abyme, che gran passione) c’è il primo dei suoi biografi, nonché allievo e bistrattato seguace, Ernest Jones, interpretato da un giovane talentuoso attore, Giovanni Spadaro Norella, il “servo di scena” incaricato di cavare, tra banali ricordi di vita e risposte secche, le profondità dello spirito umano che riguardano tutti, spettatori compresi.
L’intento è chiaro, riportare all’attenzione e al pensiero di molti l’esistenza e la consistenza di Freud, sottraendolo al “mito di Freud”.
Ma perché venire fin qui, a Londra nella sua casa, per riscoprire Freud? E poi con quel binomio, Father & Freud (bella la & commerciale). […] segue
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